Autismo e terapie al tempo del COVID-19: quale impatto?
L’emergenza sanitaria creata dalla pandemia da COVID-19 e le conseguenti misure di contenimento messe in atto dal governo hanno messo a dura prova la tenuta psicologica di tutta la popolazione ma in particolare delle persone più vulnerabili e con problematiche presistenti al Covid. In tal senso la l’attuazione di un lockdown generalizzato a livello nazionale, la chiusura delle scuole e delle attività ricreative, il conseguente distanziamento sociale e la necessità di indossare dispositivi di protezione, sono state misure difficilmente accettabili da molti bambini e ragazzi, ancor di più nel caso di persone con Disturbo dello Spettro Autistico.
Bambini e ragazzi con autismo e le loro famiglie, hanno dovuto affrontare una doppia sfida legata, da un lato, all’emergenza sanitaria e sociale ancora attualmente in atto e, dall’altro, alle caratteristiche di base della condizione autistica, in particolare la difficoltà nel comprendere la situazione di emergenza, lo stravolgimento delle routine giornaliere, l’interruzione delle terapie che prima si svolgevano in presenza e la riduzione delle occasioni di interazione sociale; queste ultime sono tutte varibili che possono aver influito sul funzionamento comportamentale e adattivo delle persone con autismo in questi mesi di pandemia.
A tal proposito, il gruppo Autismo Tor Vergata della U.O.S.D. di Neuropsichiatria Infantile del Policlinico Universitario di Tor Vergata, diretta dal Prof. Luigi Mazzone, ha recentemente pubblicato sulla rivista internazionale Children un lavoro volto a valutare gli effetti del lockdown conseguente alla pandemia COVID-19 sul profilo comportamenatale e adattivo di bambini con autismo.
In particolare, il gruppo di ricerca ha valutato gli effetti delle misure di contenimento in un campione italiano di 85 bambini con autismo (età media di 7 anni; 68 maschi e 17 femmine), attraverso un confronto tra i dati ottenuti da una valutazione standardizzata effettuata in presenza presso la struttura ospedaliera nei mesi precedenti alla pandemia Covid-19, ed una successiva valutazione alla fine del primo lockdown (Maggio-Luglio 2020), effettuata in modalità telematica. Nello specifico, l’obiettivo dello studio è stato quello di valutare se, dopo il confinamento domestico obbligatorio, fosse segnalata da parte dei genitori, una modifica sul piano comportamentale, sintomatologico ed adattivo, attraverso questionari standardizzati somministrati proprio alle figure genitoriali e se tali eventuali modifiche comportamentali erano più frequenti nel gruppo dei bambini autistici prescolari o nel gruppo degli scolari.
Le analisi statistiche effettuate sui questionari, compilati dai genitori pre e post lockdown, non evidenziavano significativi peggioramenti sia sul piano adattivo che comportamentale nel campione osservato, anzi nel gruppo dei bambini prescolari veniva riscontrato un miglioramento delle capacità adattive subito dopo il lockdown primaverile.
Gli autori hanno cercato di analizzare tali risultati, che a prima vista sembrano in contrasto rispetto alle difficoltà e allo stress del periodo affrontato e hanno elaborato le variabili che possano aver determinato tali risultati, in particolare è stato valutato: il funzionamento cognitivo dei singoli partecipanti allo studio, l’eventuale continuità o discontinuità della terapia comportamentale, l’eventuale supporto genitoriale online da parte di esperti terapeuti e altre varibiali come la presenza o meno del genitore a casa.
Le analisi supplementari mostravano una sostanziale conferma dei risultati nel confronto pre e post lockdown in cui continuava ad emergere nei bambini autistici, soprattutto di età prescolare, un potenziamento delle abilità adattive. Tale miglioramento era correlato all’assenza di difficoltà cognitive, era più significativo nei bambini che avevano continuato l’intervento comportamentale in modalità telematica ed era correlato al gruppo di pazienti i cui genitori avevano avuto supporto terapeutico online. Altra variabile che era legata al miglioramento era la presenza di uno dei due genitori in smart working a casa.
Il Prof. Luigi Mazzone commenta cosi i risultati: “i risultati dello studio ovviamente vanno letti e interpretati con attenzione e non possono essere generalizzati. In primis si riferiscono al primo periodo di lockdown dove i livelli di stress e anche di resilienza della popolazione erano sicuramente diversi da quelli degli ultimi mesi. Secondo punto da tenere in considerazione riguarda l’eta molto giovane del campione della ricerca. Sappiamo infatti che una delle criticità maggiori resta infatti il periodo della fase adolescenziale e giovane adulta che non è stata oggetto di questo studio. Per quanto riguarda il nostro campione probabilmente la presenza a casa dei genitori ha contribuito a stimolare direttamente e in modo continuativo i ragazzi sia sul piano emotivo e sia in termini di abilità adattive.
In particolare i ragazzi con buon funzionamento cognitivo hanno evidentemente trovato un buon adattamento nelle loro routine casalinghe con i propri genitori. Ovviamente per loro la vera criticità più che lo stesso lockdown è stato il ritorno a una vera vita di relazione subito dopo. Ritengo inoltre che tali dati, seppur parziali, suggeriscono e confermano l’importanza del supporto terapeutico anche in modalità telematica, inteso come terapia a distanza, sia per i ragazzi ma anche per i genitori stessi che rivestono ovviamente un ruolo fondamentale nell’intervento e nel percorso evolutivo dei bambini con autismo”.
“Penso infine che i dati scientifici di questo studio confermano, se mai ce ne fosse stato bisogno, l’assoluta necessità da parte delle istituzioni pubbliche di organizzare un supporto adeguato alle famiglie, attraverso la strutturazione di servizi specializzati anche nel contesto della telemedicina che come è stato dimostrato da questi risultati può aiutare e anche modificare in positivo il percorso evolutivo anche in un periodo molto stressante come quello della pandemia COVID-19”.
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