Si è svolto a Roma un workshop internazionale organizzato dalla U.O.C. di Neuropsichiatria Infantile di Tor Vergata sull’importanza dei fattori ambientali (non inteso come affetto o educazione parentale) come elementi protettivi e di rischio per l’autismo.
Evidenze scientifiche sempre più numerose e frequenti riportano come fattori ambientali intesi come pesticidi, inquinanti o nutrienti possono giocare un ruolo in gruppi di persone geneticamente predisposte ad avere figli con autismo. La gravidanza, e soprattutto il primo trimestre, è un periodo cruciale in cui il feto è suscettibile ad influenze ambientali che determineranno il suo futuro.
Per esempio è recente una ricerca sull’American Journal Psychiatry (una delle più prestigiose riviste di psichiatria al mondo) sul ruolo dell’insetticida DDT e del biomarcatore diclorodifenildicloroetilene. In questo studio il gruppo dei ricercatori della Columbia University ha osservato che i livelli elevati di pesticidi presenti nelle mamme erano associati a un maggior rischio di autismo nei figli. Il DDT è un pesticida molto difficile da eliminare e ancora presente nelle acque, nella terra e sicuramente in alcuni alimenti.
Non solo fattori ambientali come pesticidi o inquinanti ma anche aspetti nutrizionali possono entrare a far parte della riflessione su aspetti di rischio o protettivi per l’autismo.
Ad esempio sono diverse le evidenze scientifiche che descrivono il ruolo di protezione dell’acido folico e di altri composti vitaminici (vitamina D per esempio) come supplementi durante la gravidanza. In tal senso esiste uno studio del 2013 che evidenzia come l’assunzione media di acido folico pari a ≥ 600 mg, durante la gravidanza, fosse associato a ridotto rischio di autismo nei nascituri. Tuttavia altri studi successivamente hanno correlato invece l’acido folico come fattore di rischio per lo sviluppo dell’autismo e i risultati sulla reale utilità dell’acido folico come fattore protettivo nell’autismo sono ancora poco chiari (utilissimo invece per prevenire difetti del tubo neurale come la spina bifida).
Sicuramente utile il ruolo del latte materno e dei suoi nutrienti come bifidobatteri, lisozimi, lipossine, glutatione e citochine antifiammatorie nel proteggere non tanto dall’autismo quanto da futuri disturbi gastrointestinali che sono purtroppo spesso presenti in molte persone con autismo.
Ulteriori studi potrebbero riguardare e chiarire meglio anche il ruolo delle tecniche di fecondazione assistita e le possibili correlazioni con l’autismo in quanto i risultati finora a nostra disposizione si dimostrano contrastanti e sicuramente non conclusivi.
In questo contesto di riflessione e dibattito in cui è evidente che non esiste una singola causa dell’autismo ma probabilmente interazioni di cause diverse che determinano endofenotipi clinici differenti (vuol dire diverse forme di autismo) il ruolo dello studio dell’epigenetica (cioè quella scienza che studia come l’interazione di fattori ambienti può modulare e modificare il genoma) diventa cruciale per una seria crescita culturale sull’argomento.
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