Autismo: una diagnosi tipicamente maschile?

E’ noto che la prevalenza del Disturbo dello Spettro Autistico sia maggiore nel sesso maschile, con un rapporto tra maschi e femmine di 4 a 1.

Tuttavia, studi recenti suggeriscono una minore disparità di genere rispetto a quanto osservato precedentemente.

Negli ultimi anni, infatti, la ricerca scientifica ha posto maggiore attenzione al tema dell’autismo al femminile, proponendosi come obiettivo quello di migliorare il riconoscimento e la comprensione di tale condizione in questa popolazione.

La maggior parte degli studi epidemiologici ad oggi a disposizione, difatti, suggerisce una sottostima delle femmine autistiche, probabilmente dovuta non solo all’utilizzo di campioni prevalentemente maschili, ma anche e soprattutto da una differente presentazione fenotipica dell’autismo nelle donne/bambine.

Infatti, alcune ricerche evidenziano differenze comportamentali tra maschi e femmine con autismo. In primis, rispetto ai maschi, nelle femmine vengono descritti più sintomi sensoriali nell’arco della vita, meno difficoltà di comunicazione, maggiore motivazione ad avviare amicizie, interessi ristretti meno inusuali e più simili a quelli dei coetanei a sviluppo tipico. Tuttavia, è l’intenzionalità e la qualità degli interessi a risultare inusuale.

Inoltre, una delle caratteristiche più comuni nelle femmine con Disturbo dello Spettro Autistico è la tendenza all’imitazione dei comportamenti delle coetanee neurotipiche, responsabile del cosiddetto fenomeno del “mascheramento diagnostico”. Quest’ultima caratteristica si è ipotizzato essere uno dei motivi principali della diagnosi tardiva nelle femmine, con conseguenti sintomi di ansia e depressione.

Alla luce di quanto detto, proponiamo uno studio qualitativo che riporta l’esperienza diretta di alcune donne autistiche e che si pone l’obiettivo di migliorare la comprensione e il riconoscimento della condizione autistica nella popolazione femminile mediante la raccolta di dati sul prima, durante e dopo la diagnosi.

Per lo studio sono state reclutate 18 donne inglesi (n=16 con diagnosi clinica di ASD e n=2 con autismo auto-diagnosticato) e quattro madri di ragazze autistiche. L’età del campione era compresa tra 11 e 55 anni. I partecipanti hanno preso parte a discussioni di gruppo e svolto colloqui individuali, su tre temi principali: il percorso diagnostico, il momento della diagnosi di ASD e l’impatto sulla loro vita.

Dallo studio emerge che donne e ragazze con autismo mettono in atto molti tentativi per cercare di adattarsi ai loro coetanei e alla società. Tra le maggiori criticità emerse dalle interviste vi è la difficoltà nel fare e mantenere amicizie e nel sentirsi veramente parte di un gruppo, con conseguenti sentimenti di solitudine. Alcune partecipanti, inoltre, hanno riferito di avere difficoltà a percepirsi “femmina”.

Molte donne hanno, poi, descritto le difficoltà nell’ottenere una diagnosi e lo scarso supporto dopo averla ricevuta. La maggior parte delle partecipanti ha infatti dichiarato di essersi sentita sollevata dopo la diagnosi, poiché finalmente erano riuscite a capire i motivi dell’essersi da sempre sentite diverse.

Di grande rilievo è risultato, inoltre, il tema dell’ipersensorialità, descritta tra gli aspetti più debilitanti della condizione autistica. Ulteriore criticità riportata è la mancata comprensione delle regole, della comunicazione sociale e dell’umorismo. Infine, molte donne hanno descritto tra i momenti più ostici della loro vita la pubertà e le relazioni sessuali.

Tuttavia, con il passare del tempo, molte donne riferiscono di avere imparato a comprendere la loro condizione ampliando le loro vedute. Infatti, hanno descritto tra i loro punti di forza: migliori capacità attentive, buona memoria, maggiore creatività, forte senso di giustizia, necessità di battersi per le persone più deboli.

Nella ricerca, pertanto, grande spazio ha avuto il tema del mascheramento, comportamento compensativo tipicamente femminile che può causare maggiori difficoltà o ritardi nel porre diagnosi di autismo rispetto ai maschi, con la conseguenza di un minor supporto educativo. Un’ulteriore possibile causa di diagnosi tardiva risulta essere anche l’utilizzo di strumenti diagnostici orientati principalmente verso presentazioni maschili dell’autismo.

I dati raccolti dalla discussione supportano quindi l’idea che le donne con Disturbo dello Spettro Autistico sono socialmente motivate, a differenza di quanto descritto nell’immaginario collettivo che vede le persone autistiche come poco interessate alle relazioni.

Questo studio, dunque, mira a dare voce a donne/ragazze autistiche per minimizzare la concezione di questa diagnosi come tipicamente maschile, affinché ci possa essere maggior chiarezza sulla condizione di questa popolazione per migliorare il riconoscimento della sintomatologia e ridurre le diagnosi tardive.

Tuttavia, tra i limiti dello studio vi è l’utilizzo di un piccolo campione (n=22) composto da donne con un buon funzionamento, escludendo quindi quelle con disabilità intellettiva e disturbi del linguaggio. Ciò potrebbe non essere rappresentativo di tutte le donne autistiche.

Infine, per il futuro potrebbe essere utile adottare strumenti diagnostici più specifici per questa popolazione, indagare se i comportamenti mimetici sono adottati da individui con una diagnosi diversa da quella di autismo e includere nelle linee guida maggiori informazioni per medici e psicologi, in modo da comprendere e superare gli ostacoli legati alla diagnosi di autismo nella popolazione femminile.

 

Fonte: Milner V, McIntosh H, Colvert E, Happé F. A Qualitative Exploration of the Female Experience of Autism Spectrum Disorder (ASD). J Autism Dev Disord. 2019;49(6):2389–2402. doi:10.1007/s10803-019-03906-4.

 

 

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