Autismo e scienze omiche.
La visione del disturbo dello spettro autistico semplicemente come un disturbo neuropsichiatrico è ormai concettualmente superata da numerose evidenze scientifiche che stanno affrontando la problematica a 360° gradi e sotto diversi punti di vista. E’ quindi sicuramente limitante indagare soltanto lo sviluppo cerebrale senza considerare tutta una serie di alterazioni multisistemiche che a cascata possono giocare un ruolo sul neurosviluppo e, se approfondite, spiegare alcune traiettore di sviluppo. Tra i nuovi approcci, oltre a numerose prove scientifiche che ovviamente hanno rivelato come il ruolo dell’interazione genoma-ambiente (la cosidetta “epigenetica”) sia cruciale nella comprensione della patogenesi di molti disturbi neurospichiatrici, tra cui l’autismo, c’è anche quello delle scienze-omiche, che ha oggettivamente cambiato la visione di molte discipline mediche e che deve la sua evoluzione all’incredibile avanzamento avvenuto nel settore della biologia molecolare. Tra le scienze-omiche più studiate troviamo la genomica, la trascrittomica, la proteomica e la metabolomica. In particolare la metabolomica è quel settore delle le scienze-omiche che studia le alterazioni di equilibri biochimici attraverso la ricerca di alterazioni di concentrazioni di molecole anche estremamente piccole e che sono alla base di alcune importanti funzioni del nostro organismo. Inoltre poichè i metaboliti sono gli elementi costitutivi del fenotipo molecolare, la metabolomica è emersa come scienza multidisciplinare che valuta l’intera serie di molecole all’interno di una matrice biologica, vale a dire il metaboloma.
Negli ultimi anni la comunità scientifica che studia il disturbo dello spettro autistico si è concentrata proprio sulla misurazione dei metaboliti come prodotti finali di reazioni chimiche che avvengono nel nostro corpo in modo da ricavare informazioni sulla funzionalità di cellule dell’organismo deputate a funzioni di sviluppo.
In particolare dal 2010, diversi studi hanno dimostrato che le persone con diagnosi di autismo potrebbero condividere anomalie metaboliche. Recentemente anche il nostro gruppo di ricerca coordinato dal Prof. Luigi Mazzone della neuropsichiatria infantile di Tor Vergata ha approfondito e successivamente pubblicato, a Novembre 2020, uno studio sulla rivista scientifica “Metabolities”. L’obbiettivo dello studio è stato quello di esplorare la correlazione di alcuni metaboliti urinari con la sintomatologia clinica e la severità dei sintomi autistici tra cui i comportamenti ripetitivi e stereotipati, quantificati da scale di valutazione del comportamento standardizzate compilate dai genitori (in particolare i questionari RBS e ABC).
Nel dettaglio, hanno preso parte allo studio 57 bambini di età compresa tra 2 e 11 anni: trentuno con autismo idiopatico e ventisei bambini neurotipici, abbinati per età ed etnia. I dati emersi hanno permesso di rilevare come il metaboloma urinario dei bambini autistici era ampiamente distinguibile da quello dei bambini a sviluppo tipico.
I risultati mostravano che i bambini autistici con una maggiore severità clinica presentavano alterazioni metaboliche caratterizzate da alti livelli di metaboliti derivanti in particolare dalla dieta (i.e. saccarosio, xilosio), dai processi di disbiosi intestinale (i.e. p-Cresolo, acido ippurico, allantoina), dall’alterazione del metabolismo del triptofano (i-e- acido chinolinico, acido 5-idrossiindolacetico) e dalle disfunzioni mitocondriali (acido adipico).
Sono stati rilevati due differenti cluster metabolici nei 31 bambini con autismo, rispettivamente caratterizzati dalla presenza di metabolomi urinari differenti. La maggioranza di bambini con punteggi più alti nei domini dei comportamenti ripetitivi e ristretti si sono collocati nel medesimo cluster, dimostrando come le perturbazioni in diverse vie metaboliche possano modellare il metaboloma urinario dei bambini con autismo e che, anche se ogni bambino autistico esibisce una metaboloma urinario individualizzato, i bambini con sintomatologia più grave (limitata interazione sociale reciproca e comportamenti ripetitivi e ristretti) sono accomunati da un profilo metabolico omogeneo e caratteristico. Tra i risultati dello studio è inoltre emerso che la selettività alimentare, presente nel 55% dei bambini autistici del nostro studio, poteva indurre ulteriori differenze significative di natura metabolica.
In conclusione, riteniamo che la metabolomica possa fornire un futuro campo di studio per una corretta sotto tipizzazione dello spettro autistico. In tal senso sebbene sia necessario approfondire i risultati del nostro studio su campioni più ampi per confermare tali risultati, i dati finora emersi aprono nuove prospettive per una migliore comprensione della correlazione tra il fenotipo clinico dei bambini autistici e il loro metaboloma urinario. Essere a conoscenza dell’esistenza di profili metabolici specifici del disturbo dello spettro autistico, potrebbe consentire di avere una visione clinica più accurata non basata soltanto sull’osservazione dei sintomi. In particolare l’analisi di marker metabolici potrebbe risultare estremamente utile sia per capire alcune traiettorie di sviluppo (per esempio i casi di regressioni comportamentali tra i 16 e i 20 mesi di vita) e sia per tipizzare sottogruppi di pazienti in base al loro profilo metabolomico che di conseguenza potrebbe quindi fornire un utile contributo al fine di migliorar l’iter diagnostico precoce.
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